Ho scritto più volte di quanto l’uso dei social sia insidioso. In queste ore stanno circolando alcune foto oscurate di colleghe sul luogo di lavoro che si ritraggono insieme a dei pazienti che so essere state fatte in buona fede e con il benestare degli assistiti e addirittura su loro espclita richiesta.
Però, cari colleghi, deve essere chiaro, chiarissimo, che la tematica dell'uso improprio dei social ha ormai ampie basi a sostegno per un loro accorto utilizzo nell'ambito delle norme che regolano e tutelano la privacy e in ambito generale e con l'aggravante del professionista che le viola nei suoi mandati professionali, i codici di comportamento aziendali, il nostro codice deontologico (art 42, 26, 28), e linee guida della FNOPI . Il codice di comportamento aziendale ci vieta di fare foto in divisa sul luogo di lavoro. Fine, poco da discutere. Giusto? Sbagliato? Così è. Esiste una circolare del Ministero della salute che invita a riflessioni profonde circa l’uso dei social per non incappare in lesioni della privacy , nella spettacolarizzazione che mette in crisi il rapporto fiduciario professionista – assistito. Ma se le norme non bastassero perché rinunciare ad usare il buon senso?