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PontePer noi infermieri "ponte", compreso questo del primo maggio, è spesso solo una parola che non riporta certo alle fetività. Conosciamo probabilmente meglio altri ponti: quelli relazionali, quelli culturali, quelli che ci mettono in comunicazione con chi ha bisogno di noi. Eppure il primo maggio è la festa dei lavoratori e merita di essere comunque festeggiata anche da chi, come molti  di noi, lavora. Intanto perché ci sono molti colleghi che non hanno la fortuna di poter lavorare, poi perché questa ricorrenza nasce per sottolineare i diritti conquistati dai lavoratori , diritti che rischiamo ogni giorno di perdere un pezzettino alla volta nella compromissione della nostra dignità lavorativa.

Quale riflessione augurarci in questi giorni quindi? Probabilmente l'augurio e l'incoraggiamento ad impegnarsi sempre di più, ognuno di noi, per rendere il nostro ambiente lavorativo migliore, per rendere la nostra società sempre migliore, per garantire un'assistenza degna di questo nome nei contesti dove operiamo. Ognuno di noi può e deve lottare per dare dignità non solo all'ambiente lavorativo, ma a quello civile e sociale nel quale viviamo.

Dobbiamo andare insieme verso comuni obiettivi, ognuno con i suoi ruoli, ognuno nelle sue posizioni, ma certamente avendo ben presente che ognuno di noi, a livelli diversi, ha la responsabilità ed il  poter di contribuire ad un sistema migliore.

"La vita ha due doni preziosi: la bellezza e la verità. La prima l’ho trovata nel cuore di chi ama e la seconda nella mano di chi lavora. (Khalil Gibran)"

scambio linguisticoLa FNOPI scrive a distanza di tre anni a tutti i media nazionali. “Nonostante il netto miglioramento della percezione della professione infermieristica tra i mass media con una riduzione rispetto al periodo precedente il 2015 di almeno il 70% degli errori nella classificazione del personale e nell'utilizzo dei titoli in fatti di cronaca, esistono ancora sacche di resistenza che non distinguono gli infermieri da chi infermiere non è, con grave danno per la professione e, soprattutto, per il rapporto tra questa e i cittadini assistiti. (http://www.ipasvi.it/attualita/la-fnopi-ai-mass-media-non-confondete-pi--i-nostri-professionisti-id2360.htm)”

Un impegno doveroso per dare riconoscibilità, eliminare confusioni e fraintendimenti, aumentare il rapporto fiduciario con i cittadini e chiedere il rispetto della nostra professione. Ma perché accadono ancora oggi di questi fraintendimenti mediatici? Forse, oltre alla Federazione, ognuno di noi, nel piccolo, può fare molto.

Gli Ordini ad esempio devono cercare la collaborazione preventiva dei mezzi di informazione e promuovere l'informazione stessa. Non a caso, il tema delle figure assistenziali in sanità e della confusione che possono generare sarà il tema di un puntata televisiva di “parola di infermiere” e lo è gia stato in un editoriale di “Infermieri inFORMA”, i nostri due principali progetti comunicativi esterni con TV9 e Il Giunco.

Vi è sicuramente una questione culturale legata ad un passato storico e iconografico molto forte dove in effetti le figure assistenziali in sanità erano meno, ma anche meno definite, ma sopratutto si sentiva meno la necessità di operare dei distingui esistendo comunque in tutte esse, nessuna esclusa e noi compresi, carattere di ausiliarietà e subordinazione alla figura medica.

Il problema di oggi è invece legato al concetto di assistenza e che in esso vi abiti dal laico alla figura tecnica, alla figura socio sanitaria al professionista. Assistere di per sé non è una scienza. L'assistenza in senso lato la esercita chiunque sta vicino a chi ha bisogno, da cui l'etimologia ad sistere – stare vicino. Lo fa la mamma con il bambino, il volontario con il clochard, il figlio con il genitore anziano, l'amico con l'amico bisognoso.

Leggi tutto: Quel problema della confusione dei ruoli.

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