Lo ho detto tante volte e posso sembrare ripetitivo, ma il professionista non può essere identificato con la tecnica (https://www.opigrosseto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=378&catid=8)
La tecnica è un mezzo a disposizione di un ragionamento diagnostico, utile a risolvere un problema che il professionista individua e di cui certifica la risoluzione. Nel mezzo l'atto tecnico è un ponte per raggiungere lo scopo. Ecco perché la disciplina infermieristica non si connota con, ad esempio, un'ecografia ma con la certificazione di aver risolto un bisogno di eliminazione urinaria secondario ad un globo vescicale in cui l'ecografia è un mezzo per garantire sicurezza e appropriatezza.
Connotare l'atto tecnico con una professione non ha molto senso. La tecnica è una dimensione normalmente evolutiva e fluida che si sposta da professione a professione nel corso della storia. Oggi eroghiamo prestazioni tecniche che 20 anni fa non erogavamo, alcune le abbiamo mutuate dai medici e ne abbiamo passate altre e altre ne passeremo, ad esempio, agli OSS. E così via. Ecco perché legarci all'atto tecnico è perdente e rischia di far perdere identità disciplinare. Ma questo vale per noi come per i medici come per chiunque altro. La questione dello skill mix change, già portata avanti dalla Federazione, in questo senso racchiude tutto il principio di appropriatezza professionale ed economica (http://www.ipasvi.it/attualita/fnopi-cosa---indispensabile-per-il-futuro-degli-infermieri-id2322.htm): Saturare le competenze di ogni professionista al massimo delle potenzialità esprimibili.