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tesiIl Nucleo CNAI di Firenze ha indetto un concorso riservato ai laureati in Infermieristica (laurea triennale) dell’anno accademico 2015/2016 con lo scopo di valorizzare le tesi che normalmente non trovano spazio fuori dal contesto accademico, ma che tuttavia portano un valore aggiunto alla professione infermieristica.
Le sei tesi più meritevoli, in particolare gli elaborati che utilizzeranno la metodologia della ricerca, saranno premiate ed esposte dagli stessi autori in una giornata organizzata in data da definire (fine settembre, primi di ottobre).
Per maggiori informazioni: http://cnaifirenze.altervista.org/concorso-riservato-agli-studenti-infermieri-laureati-nell-a-a-2015-2016-nei-corsi-di-laurea-triennale-della-regione-toscana/

stampaCari colleghi, questo è un caso un po' border line su cui intervenire come potete leggere dal testo della mail. Abbiamo comunque ritenuto di produrre una nota se non altro per sensibilizzare la redazione in oggetto.

 

a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Gentile Direttore del "Redattore Sociale"
leggiamo con perplessità  un vostro articolo del 29/05  dal titolo "I profughi? Contadini, meccanici, attori, infermieri. Così la Toscana valorizza i migranti" (http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/536362/I-profughi-Contadini-meccanici-attori-infermieri-Cosi-la-Toscana-valorizza-i-migranti). Leggendo il testo non vi è riferimento  alla figura professionale dell'infermiere così come non vi è riferimento al profilo dell'infermiere nel progetto Toscano. la nostra impressione è che il progetto riportato intenda riferirsi all'intercettazione e alla valorizzazione di figure non qualificate e ad ogni modo un titolo così composto genera confusione tra i lettori che immaginano il percorso professionale dell'infermiere come un tirocinio di formazione professionale tipico dei mestieri e non certo delle professioni . Non ci sarebbe nulla di male a creare un database con i curriculum dei migranti e certamente un migrante può aver conseguito il titolo di infermiere ma in questo caso un cittadino  straniero che intenda svolgere la professione infermieristica, può esercitare in Italia previo riconoscimento del titolo acquisito dagli enti Ministeriali ed esame presso un apposita commisione istituita negli Ordini provinciali. Crediamo quindi che il titolo in realtà abbia voluto con la parola infermiere raccogliere un composto variegato di arti e mestieri al servizio della persona. Se così fosse si chiede quindi la rettifica del titolo fuorviante  per l'immagine professionale  a norma dell'articolo 42 della legge 416/1981. Accade infatti ormai troppo spesso che i giornali, per rendere più appetibile o semplificata una notizia, utilizzino in modo improprio la qualifica dell'infermiere per riferirsi a tutt'altre figure. L'infermiere è un professionista laureato con laurea triennale e magistrale biennale che può frequentare master e corsi di specializzazione fino ad arrivare alla direzione di strutture complesse. Siamo certi che questo confronto sia di utilità per entrambi al fine di definire con più completezza notizie che riguardino la professione che rappresento.
Un distinto saluto
Il Presidente Dr. Nicola Draoli

dubbioOggi è uscito un articolo interessante su una rubrica di un quotidiano dell'Alto Adige (a proposito..state usufruendo del servizio gratuito di rassegna stampa nazionale offerto da IPASVI? Lo trovate a questo LINK).La terminologia non è proprio il massimo ma il concetto è davvero calzante. Difatti l'autore definisce alcuni nostri ambiti di competenza come "quasi decisioni" (da ora in poi QS). Sono QS tutte le volte che abbiamo davanti un quadro clinico, sappiamo cosa serve, sappiamo come intervenire, ma prima di agire dobbiamo  sentire il medico per condividere la strategia. Qui si entra nel cuore del nostro mare grigio dell'agire quotidiano. Quando si tratta di prescrizioni farmacologiche c'è poco da fare: ancora in Italia nessun percorso di studi, nessuna esperienza maturata, ci rende prescrittori come accade in molti paesi europei e non. Alle volte abbiamo dei protocolli a definire il tutto come accade in alcuni tipi di farmaci in infusione continua che devono essere corretti secondo i valori ematochimici o come sull'emergenze urgenze extraospedaliere. Eppure c'è polemica, come ben sappiamo, persino su questi protocolli e sui percorsi codificati. Insomma siamo ancora a ragionar di logaritmi definibili da evidenze e linee guida piuttosto che a ragionar di sviluppo delle competenze e appropriatezza clinica di ogni professionista.  La somministrazione farmacologica in autonomia (quindi con capacità prescrittiva implicita) dovrebbero poter essere inquadrati su più livelli. Chiaramente vi è un livello che mai e poi mai un infermiere si sognerebbe di togliere al medico. Le responsabilità gli infermieri ce le hanno ben chiare. Ma è sull'emergenza, sulla cronicità, sul trattamento di alcune situazioni ascrivibili ad una lieve entità che si sfiora il paradosso, là dove un farmaco è da banco (consigliato dalla vicina di casa o dalla nonna esperta), è un farmaco che il paziente utilizza da anni (di cui conosce gli effetti collaterali meglio del luminare) o è un farmaco che serve a salvare una vita ma che va utilizzato hic et nunc. Per dire, posso consigliare al paziente di autosomministrarsi una tachipirina ma non posso dargliela io in assenza di prescrizione medica. Ma la zona grigia si raggiunge in situazioni altre dove il medico non è presente o raggiungibile con difficoltà, come nelle RSA o in altri ambiti territoriali. Certo, esiste la possibilità di rivolgersi alla guardia medica o al 118. È però una possibilità che non tiene conto minimamente del valore della figura infermieristica che andrebbe valutata su skills e competenze. Chiaramente non tutti gli infermieri potrebbero essere in grado di valutare una situazione clinica e sapere come intervenire ma dovremmo anche uscire prima o poi dall'idea dell'infermiere omnicomprensivo di ogni sapere e tenica e valorizzaire le peculiarità certificate in ambito formativo di ognuno per il benessere del paziente in primis.  Prescrizione farmacologica a parte è doveroso condividere le strategie in equipe purchè l'equipe sia in grado di riunirsi velocemente. Dice bene l'autore quando individua le ore notturne come delicate. Io credo davvero che ogni infermiere si sia trovato a vagare almeno una volta in un dilemma etico e deontologico di fronte ad una situazione in cui è chiaro cosa deve essere fatto ma non si riesce velocemente a coordinarsi con il medico. Che succede quindi? Può scattare uno stato di necessità, l'applicazione dell'articolo 18 del codice deontologico vigente, insomma un elemento che ci impone di intervenire comunque se la persona assistita è in pericolo obiettivo di vita. Ma se questo non fosse il mare grigio diventa grigissimo e certamente può capitare che si decida di intervenire consapevoli delle propie competenze e rischiando in prima persona in un sistema in cui la fiducia tra professionisti di professioni diverse è elevata e sicura. Sistemi rari però, Molto rari. Che smettono di funzionare se qualcosa non va come previsto. Tralasciamo per altro quello che succederà con l'applicazione della così detta Legge Gelli che è ancora oggi in fase di ampio dibattimento in termini di applicazione nei casi concreti. Insomma il mondo delle "quasi decisioni" è un mondo che sentiamo molto e che imporrebbe davvero coraggiosi passi in avanti su alcuni tipi di autonomia ormai evidenti nell'informalità, oltre che insistere sul lavoro di squadra e di collaborazione interprofessionale. Anche perchè l'alternativa rischia di diventare una serie di brutti conteziosi con esiti drammatici come il  caso di una recente sentenza: Condannato un medico che nonostante le chiamate dell'infermiere - persona esperta e in grado di valutare le necessità - per intervenire su un paziente aggravato ha ignorato la chiamata e il paziente è deceduto"

Nicola Draoli - 30/05/2017

ALLEGATI: Quasi Decisioni - Sentenza di Cassazione

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