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La replica degli OPI toscani allo SMI sulla delibera regionale

infermiere di famiglia

A pochi giorni dalla presa di posizione dello Smi contro la delibera sull'Infermiere di famiglia e delle relative dichiarazioni come quella che vede “assegnati compiti non previsti dalla professione”, gli Opi Toscani dicono la loro. E lo fanno replicando alle opinioni espresse dal Sindacato Medici italiani, inclusa quella che afferma come “alla figura professionale infermieristica vengano assegnati compiti che esondano l’ambito professionale”.

«Questa delibera è un’importante risposta di servizio, di prossimità alla famiglia. Allo Smi va sottolineato che si tratta di una scelta utile ai cittadini ma anche per evitare accessi inutili e l’intasamento del pronto soccorso - commenta Danilo Massai, presidente dell’Opi Firenze-Pistoia -. Finalmente è stata riconosciuta la responsabilità infermieristica e l’infermiere diventa un attore primario che lavorerà in sinergia con i medici, i servizi sociali, e con le aziende sanitarie di riferimento. I cittadini hanno il medico di riferimento ma è importante che abbiano anche l’infermiere di famiglia. Come ordine di Firenze Pistoia siamo orgogliosi che ci sia stata la giusta attenzione del mondo politico su questo tema e che gli ordini toscani siano stati compatti in questo cammino». 

«L’attacco dello Smi appare frutto di polemica e demagogia, senza fondamento logico - commenta Gabriele Panci, presidente Opi Prato -. Accusare gli infermieri di inappropriatezza di ruolo e competenze nel prendere in carico i pazienti facendo riferimento al PAI (Piano Assistenza Individualizzato) significa creare una polemica sterile, ignorando leggi già esistenti e datate come il decreto ministeriale 14 settembre 1994 n 739, dove si sancisce che l’infermiere si occupa di erogare l’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa e in più partecipa all’identificazione dei bisogno di salute della persona e della collettività identificando i bisogni di assistenza infermieristica così da pianificare, gestire e valutare l’intervento assistenziale. Inoltre, sempre lo stesso decreto evidenzia come l’infermiere possa agire in queste funzioni sia individualmente sia in collaborazione con altri operatori sanitari e sociali. Nessuno vuole invadere il campo di altre professioni ma solo evolvere in un sistema migliore. L’attacco dello Smi non aiuta l’integrazione tra i professionisti, ma sembra volerla bloccare».

«Credo che la presa in carico dell’utente da parte dell’infermiere di famiglia e di comunità sia congrua con le competenze che l’infermiere ha acquisito, attraverso un percorso formativo, post base universitario – afferma Catia Anelli, presidente Opi Lucca -. È ovvio che l’infermiere lavora in sinergia con tutte le professioni coinvolte, ciascuno per le proprie competenze e nel rispetto reciproco, l’infungibilità del ruolo di ciascun professionista deve essere sempre garantita. È giunto il momento di rispondere al bisogno di salute del cittadino sul territorio. La sperimentazione del nuovo modello deve partire in tutte le Aziende Usl della Toscana, individuando le aree geografiche che partiranno per prime, privilegiando quei territori che hanno già un alto numero di Infermieri di famiglia e di comunità formati e pronti quindi per la sperimentazione. Uno di questi dovrebbe essere Lucca, dove dal 2009 ad oggi sono stati formati circa 200 infermieri di famiglia e di comunità».

«Questa posizione presa dallo Smi può creare ingiustificati allarmi – spiega Emiliano Carlotti, presidente Opi Pisa -. Manca un’adeguata conoscenza delle competenze infermieristiche. L’infermiere può essere solo una gran risorsa per il territorio, non è una figura professionale che va relegata al ruolo di antagonista dei medici. Anzi, io credo che gli infermieri siano una risorsa non solo per il nostro sistema sanitario ma anche per loro. In più, va sottolineato che l’attuale sistema sanitario manifesta una carenza nel campo assistenziale e allora perché la risposta a questa mancanza non può essere proprio l’infermiere di famiglia e di comunità?».

«Sinceramente non vedo alcuna confusione, ma anzi il pieno rispetto delle professionalità e, soprattutto, la concreta attuazione di quel progetto di medicina di prossimità che è tra gli obiettivi che condividiamo con la Regione Toscana – replica Giovanni Grasso, presidente Opi Arezzo -. Il professionista che svolgerà questi compiti sarà responsabile della gestione dei processi infermieristici in ambito familiare, e quindi gestirà in autonomia quanto previsto dalla propria figura e dalla propria formazione. In questo ambito non possono esserci conflitti, così come altrettanto chiare sono le attribuzioni che spettano ai medici nell'organizzazione dei servizi sanitari del territorio. Parlare invece di ambiguità e genericità, come fa lo Smi; significa non cogliere lo spirito della legge regionale e anche le opportunità che offre ai cittadini, per i quali le figure di riferimento aumentano e non si confondono».

«Non credo che ci sia il pericolo di una sovrapposizione o di una confusione di ruoli – commenta Marcella Zingoni, presidente Opi Livorno - ognuno agirà in base alle proprie competenze: l’infermiere coordina percorsi assistenziali perché ne ha le competenze e lo prevede il profilo. Capisco che si tratta di una novità e come tale può spaventare ma la ritengo un’ottima opportunità di mediazione nei confronti del cittadino. È vero: l’infermiere entra per la prima volta in questo ambito territoriale, ma il percorso sarà fatto nel rispetto delle professionalità di tutti. L’infermiere interverrà nell’ambito dell’assistenza infermieristica e secondo competenze che finora venivano a mancare perché specifiche dell’infermiere. Se ci dovessero essere difficoltà di gestione basterà affrontarle, per risolverle nell'interesse di pazienti e cittadini».

«Lo Smi denota una non conoscenza delle norme che descrivono l’attività e il perimetro professionale dell’agire infermieristico – commenta Nicola Draoli, presidente Opi Grosseto -. Capisco le preoccupazioni che però sono del tutto autoreferenziali e non hanno motivo di esistere: è ovvio che l’infermiere non agirà in maniera isolata ma in equipe. Quella dello Smi è una lettura parziale ed errata della delibera che riprende dei principi cardine dell’Oms e delle più grandi organizzazioni della salute le quali auspicano la nascita dell’infermiere di comunità in Italia da oltre 20 anni. Attaccarla significa attaccare una visione di sviluppo territoriale che per fortuna in Toscana è arrivata anche se in ritardo rispetto al resto del mondo».

«L’infermiere di famiglia e comunità previsto dalla Delibera 597 della Regione Toscana va a collocarsi in uno spazio a oggi carente nella presa in carico di cittadini fragili e della cronicità, per operare in sinergia multidisciplinare, con piene competenze per il ruolo da ricoprire – dice Michele Aurigi, presidente Opi Siena -. Chi dice altro, creando allarmismi utili solo ad alimentare sfiducia verso tutto il sevizio sanitario regionale, o lo fa per ignoranza o per interessi che poco hanno a che vedere con la salute dei cittadini».

 «La delibera della Regione Toscana del 4 giugno scorso sancisce l’avvio allo sviluppo di un modello assistenziale infermieristico che modifica concettualmente la visione dell’infermiere nell’assistenza domiciliare passando da una logica quasi esclusivamente prestazionalistica a una di presa in carico – spiega Morena Fruzzetti, presidente Opi Massa Carrara -. L’IFC dovrà diventare il professionista di riferimento per la famiglia e con la famiglia nell’adattamento alla malattia, alla disabilità, nella prevenzione verso le minacce alla salute, ma anche infermiere della comunità di cui fa parte, con la rete dei servizi sanitari e socio sanitari, le scuole e i centri di aggregazione coinvolti nel potenziamento della comunità. Sicuramente non un traguardo ma uno start all’implementazione della professione infermieristica come sempre pronta a migliorare i servizi di prossimità al cittadino e con il cittadino. Gli Ordini delle professioni infermieristiche della Toscana coinvolti nella “cabina di regia” forniranno il loro contributo nel monitoraggio sull’avvio della fase pilota».

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