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tribunaleDi cosa si tratta? Di una sentenza che ha stabilito che l’azienda sanitaria pubblica di alcuni infermieri ricorrenti dovesse pagare la loro quota di iscrizione all’Ordine. La motivazione il contratto di esclusività che, come noto, riguarda anche gli infermieri nel solo settore pubblico e solo se a tempo pieno. Di conseguenza, visto il vincolo, la quota dell'Ordine secondo il tribunale del lavoro deve essere pagata dall'Azienda.


Perché scriverne? Perché si alimentano considerazioni sugli Ordini inesatte e parziali.
Primo punto: chi entra a guidare un Ordine vi entra perché eletto. Possiamo fare una disquisizione che non avrà mai fine su cosa vuol dire lavorare bene o male per un consiglio direttivo e la parola finale la hanno comunque gli elettori che decidono chi votare. Ma di sicuro vi sono dei doveri che ogni consiglio direttivo deve seguire, e sono quelli normati dalle leggi che istituiscono, regolamentano e coinvolgono gli ordini.

Le regole di amministrazione trasparente degli enti pubblici ad esempio. E, che piaccia o no, la richiesta di una quota annuale decisa in assemblea per poter esercitare la professione. Con la L 3/2018 se ne definisce l’obbligatorietà in qualsiasi forma. La sentenza infatti, al momento valida solo per i ricorrenti, non definisce se pagare o meno, ma chi deve pagare. Se la Legge definirà che i dipendenti pubblici avranno la loro quota pagata dalle Aziende ogni considerazione sul giusto o sullo sbagliato è fine a se stessa dal momento che dobbiamo far rispettare la Legge qualunque essa sia. Per inciso la quasi totalità del direttivo è dipendente di un ente pubblico,come del resto quasi ovunque in Italia, e di conseguenza non possiamo che trarne vantaggio come quasi tutti gli altri. Magari non lo si ricorda abbastanza ma i piccoli Ordini, come il nostro, non hanno gettoni di presenza e la quota incide sui colleghi del Direttivo come su chiunque altro. Quindi se così sarà così ben venga.

Chi vuole portare avanti class action e ricorsi non solo è libero di farlo, ma l’Ordine è a sua completa disposizione per fornire agli iscritti tutto ciò di cui hanno bisogno (come per altro già avvenuto in un tentativo simile alcuni anni fa). Non c’è quindi bisogno di denigrare né di far credere che l’Ordine sia una specie di contro altare della vicenda, tutt’altro. Capiamo che la motivazione sia attirare consensi facili creando nemici che non ci sono, ma questo non aiuta mai nessuno. Siamo tutti sulla stessa barca. 
Altre considerazioni più personali.
Premesso che una sentenza non fa primavera ed il percorso è lungo e tortuoso, lo ritengo interessante per una semplice questione: questo potrebbe favorire lo scioglimento del vincolo di esclusività in alternativa alla mole di denaro che le Aziende sanitarie si troverebbero a dover versare. Uso il condizionale non a caso però, perché se guardiamo Grosseto alla nostra Azienda costeremmo circa 80.000 Euro l’anno. Cioè un dirigente in più. Non una cifra così pesante per un'Azienda. Tra l’altro il vincolo di esclusività potrebbe perdere qualche pezzetto con l’imminente Legge sulla intramoenia infermieristica che viene sostenta e monitorata con alcune precisazioni sul rispetto degli standard organici a livello nazionale, per quanto non sia ovviamente la stessa cosa (tanto per rimarcare come gli obiettivi siano comuni). Le perplessità che ho sono più di carattere etico e di egualitarismo. Intanto questo riguarda una fetta importante ma sempre meno numerosa di colleghi. Se i liberi professionisti sono un caso a parte, i dipendenti privati non potrebbero usufruirne. Ma nemmeno i dipendenti pubblici part time al 50%. Perchè non è detto che questi ultimi lo siano per svolgere un secondo lavoro. Insomma ci sarebbero infermieri di serie A e B ma è anche vero che la nuova L3/2018 prevede di fare quote differenziate, magari sarà possibile usufruirne anche in questa evenienza. Una questione delicata è capire da quali fondi l'Azienda attingerebbe e se utilizzerà i fondi che alimentano scatti di fascia, produttività e indennità. Questo è forse il rischio più elevato e sicuramente i Sindacati lavoreranno per evitarlo.

Ma soprattutto mi incuriosisce vedere come sarà esercitata la democrazia. La quota è la risultante di un assemblea degli iscritti che la vota. Poco partecipata quasi sempre è vero. Ma così è. Quindi le Aziende pagheranno qualcosa che non decideranno loro? Potremo raddoppiare o triplicare o decuplicare la quota offrendo servizi infiniti non essendo soldi che pagheremo più noi direttamente?  E attenzione perché come Enti sussidiari dello Stato stiamo comunque parlando di soldi pubblici già allo stato attuale e dopo diventeranno soldi pubblici direttamente dei contribuenti. Sarà costituzionale? Fattibile? Quali controlli interverranno? Esiste un rischio corruttivo in questo? (domanda scomoda ma retorica) Saranno definiti dei limiti alla quota? Non faccio queste domande perché non sono d’accordo con la sentenza – ANZI - ma perché leggo un eccessiva semplicità con cui si affronta la questione che a mio parere ha implicazioni meno banali di quanti sembrano (cioè un semplice cambio di mano pagante) su cui riflettere per accoglierla al meglio
In definitiva: una sentenza interessante per molti fronti che apre scenari di larga discussione. Chi amministra pro tempore un Ordine, noi sicuramente, non ha nulla in contrario ed è chiamato tra le altre cose a far funzionare un Ente pubblico secondo i dettami normativi.

Nicola Draoli 

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