L'editoriale di oggi ha come pretesto di narrazione la presenza di un dispositivo sempre più diffuso e sempre più conosciuto dagli infermieri: l'ecografo. Nessuna scusa per i costi o l'accessibilità: l'Apple ha già pronta un'applicazione per I Phone con un device in grado di fare ecografie portatili: http://ilarialab.com/2011/10/15/curiosita-lecografia-si-fa-con-liphone/ .
La precisione non ci interessa poi molto visto che noi non utilizziamo ecografie a scopo diagnostico. Se tra gli ambiti applicativi possiamo utilizzarla per valutare ristagno vescicale sicuramente l'ambito in cui potremo esplodere al meglio questa metodica riguarda gli accessi vascolari.
Se poi volete approfondire come la tecnologia in generale stia influenzando gli ambiti di intervento sulla salute c'è un bellissimo articolo di Luigi D'onofrio qui: https://ilmioregnoperuninfermiere.info/2017/11/08/the-medical-futurist-10-modi-in-cui-la-tecnologia-sta-cambiando-la-cura-della-salute/ da cui traggo questo passaggio: "rivolgerci alle tecnologie con mente aperta e prepararci per il mondo che cambia con la massima conoscenza possibile" che mi permette di affrontare il punto ostico. La conoscenza appunto. Ma non della tecnologia e della metodica, che è percorso quasi secondario al punto che (sono pronto a critiche feroci) giudico persino inappropriato più che eccessivo un master specifico su tecniche ecografiche, quanto della nostra professione e della nostra disciplina.
L'utilizzo di un ecografo per incannulare una vena periferica potrebbe essere benissimo una competenza tecnica di base e mi auguro, per me futuro paziente e per tutti i pazienti, che lo sarà. E chi è passato da un ricovero ospedaliero ed è uscito con gli arti superiori tumefatti lo sa bene (qui si aprirebbe il capitolo degli accessi vascolari e prelievi inutili ma lasciamo perdere).
L'ecografo è un ausilio meramente funzionale ad altro. Tecnologia al servizio di un esigenza: quella di infondere farmaci in una via endovenosa o per avere un bioassorbimento tendente al totale. La capacità professionale è invece valutare se e come farlo, scegliendo secondo principi di appropriatezza clinica, economica e organizzativa.
Scegliere di usare un' intraossea in emergenza ad esempio. Optare per un ipodermoclisi in certi pazienti se lo scopo è di riempimento volemico, siamo a domicilio e abbiamo limitate risorse a disposizione. Scegliere di posizionare un catetere periferico in un paziente con un buon letto venoso se per poco tempo. Scegliere invece di usare un ecografo se vogliamo preservare il letto venoso ed un centrale non è indicato non solo per i rischi clinici ma anche, certo, per valutazioni economiche quando abbiamo altre opzioni valide.
Questo identifica il professionista. È quindi abbastanza inutile immaginare simili strumenti appannaggio solo di alcune professioni. La strumento non fa la professione e non la fa come lo si usa. La professione la fa il perché lo si usa e per quale scopo. La fa se lo strumento si inserisce in un percorso che ha una partenza, un bisogno, un problema che rilevo ed un arrivo, un esito che identifico. Se questo manca chi usa l'ecografo è un tecnico e non un professionista intellettuale. Come il tecnico sonographer ad esempio. Se poi il tecnico sonographer ci attira e ci piace va benissimo. Basta sapere che stiamo scegliendo "altro" rispetto ad una professione con un area disciplinare specifica.
Nicola Draoli