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non disturbareNavigando sul web in questi giorni (ri)scopro un argomento di cui non affrontiamo forse con necessaria puntualità i possibili effetti. Sto parlando della (frequente) interruzione della terapia.

Credo sia capitato a tutti di essere stati più volte interrotti per i motivi più disparati ma comunque mai urgenti. Dalle telefonate, alle richieste dei parenti, dei colleghi stessi e degli altri professionisti. Un infermiere - lo dico subito non grossetano -  sui social network denuncia, e qui siamo nel paradossale oltre che nell'illecito dei mandati professionali, che la coordinatrice impone di interrompere sistematicamente la terapia nel caso l'oss abbia bisogno di supporto.

Ebbene esiste uno studio osservazionale canadese del 2010 - ma non è il solo -  (http://archinte.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=415843#.VAM2TozyCto.facebook) che ha esaminato 98 infermieri per ben 505 ore, durante la somministrazione di 4271 farmaci a 720 pazienti, dimostrando come le interruzioni portino ad un aumento di oltre il 12% di sbagli procedurali ed errori clinici.

Un'analisi della società italiana di scienze infermieristche pediatriche dei nostri corregionaliFestini, Ciofi e Giusti riporta ampie discussioni e riflessioni in merito oltre che  una corposa bibliografia per chi volesse approfondire.

Link: http://www.ipasvi.laspezia.net/pubblicazioni/terapia_chi_si_interrompe_rischia_grosso.pdf. Il link è ripreso dal sito IPASVI di La Spezia ed è proprio il Presidente Francesco Falli che  scrive un editoriale in merito su infermieristicamente.it (http://www.infermieristicamente.it/articolo/4706/francesco-falli-la-somministrazione-di-terapie-non-deve-essere-interrotta/). Dalle letture si evince che le soluzioni adottate in tutto il mondo sono in genere due: una zona di sicurezza dove preparare la terapia indisturbati (financo rilassati) che vedo improbabile da esportare nella maggior parte delle nostre realtà e la discussa pettorina "terapia in corso - non disturbare" che tra l'altro è uno dei progetti voluti e realizzati proprio a La Spezia. Discussa perchè, pur se i dati dimostrano una sua valenza positiva, non è accolta da tutti con fare entusiasta ed ha suscitato più di una perplessità sia tra gli addetti ai lavori che non. Di certo ha fatto parlare anche alcuni giornali generalisti su questo problema che, pur con i limiti della non conoscenza piuttosto evidenti, hanno contribuito comunque a puntare i riflettori su un problema tutto infermieristico (http://www.ilmessaggero.it/lealtre/gb_proteste_negli_ospedali_per_pettorine_infermiere_con_scritta_non_disturbare/notizie/161100.shtml).  

Credo che la questione debba essere discussa e magari maggiormente studiata anche nella nostra realtà - potrebbe essere ad esempio un progetto di ricerca per il prossimo Gemma Castorina. Interessante è l'osservazione di Festini et al. che giustamente ci fa notare quanto siacomplicato se non impossibile in un contesto di iporisorse organiche rendere un unità infermieristica "non utilizzabile" per un certo periodo di tempo perchè dedicata ESCLUSIVAMENTE alla terapia. Migliore chiusa però non c'è delle parole del collega Falli:

"La lettura e la conoscenza dei contenuti del nostro profilo professionale, che compie 20 anni fra pochi giorni, ci dimostra con una rara chiarezza che noi Infermieri siamo i ''responsabili della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche-terapeutiche'' (cfr DM 739 del 14 settembre 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 9.1.1995).
Perciò se IO INFERMIERE sbaglio e confondo un farmaco, un dosaggio, un malato, una via di somministrazione, ne rispondo.
E non vale a scusante od attenuante se mi ha interrotto (''aiutandomi'' a fare l'errore) il Medico di corsia,  che voleva il recupero di una cartella clinica (ohibò! Ha perduto le mani dopo l'assunzione forse?) o la Coordinatrice, che pensa bene di mandarmi a dare una mano all'operatore di supporto (sembra succeda anche questo, stando alle testimonianze della Rete: ma non era il contrario, il mandato dell'Oss? Cioè, che deve supportare me Infermiere??).
Se agisco in una struttura dove NON ho alcun sostegno al riguardo, dove NON ho strategie di contenimento dell'errore, dove il clima d'ambiente è di per se stesso una minaccia alla sicurezza delle procedure, devo almeno ricordarmi che, in caso di conseguenze di un mio errore, ne risponderò.
Questo già dovrebbe rappresentare una forte motivazione, a mio modesto parere, per RESPINGERE richieste improprie
Devo naturalmente conoscere bene il mio ruolo e mie responsabilità."
Aggiungo solo che, come detto ad inizio articolo, se penso alla mia esperienza personale sia come "disturbato" che come "disturbatore", siamo anche noi colleghi che ci disturbiamo vicendevolmente sminuendo per primi la delicatezza e l'importanza del momento. 

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