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penneOggi ho ricevuto su whatsapp questo lungo sfogo di un collega che manterrò privato dei dati sensibili come da lui richiesto. Mi capita ovviamente spessissimo di parlare con molti colleghi ed è sempre un grande privilegio. Sempre. Raramente però un collega mi scrive per parlare di professione in senso lato con onesta sincerità, senza riempire i discorsi di rivendicazione, di astio, di disfattismo o di elementi pro domo sua. Oggi quindi mi arriva questo e, ottenuto il permesso, lo condivido con tutti voi che uno degli obiettivi primari di questo mio mandato a termine è sviluppare l'identita di gruppo professionale e la condivisione di pensiero. A lui posso solo dire grazie. Mi piacerebbe sapere se vi sentite vicini al suo pensiero. Io sì. molto. Continuo a ribadire che stiamo perdendo contenuti professionali e concettuali in ragione di contenuti sindacali, organizzativi, tecnici e burocratici. (Nicola Draoli)
 
"Sai, Nicola... anche se il momento per me è molto molto difficile io continuo a credere  nel prestigio di questa professione. Non ti racconterò  a cosa ho rinunciato per diventare infermiere ma, a volte, leggendo come noi stessi ci umiliamo, soprattutto sui social media, mi chiedo il perché.
Studiavo Medicina... ero al sesto anno... qualche esame alla fine... ma l'approccio al paziente in linea di massima non mi convinceva, non mi sentivo vicino abbastanza... I colleghi di corso facevano a gara per mostrare la ruota di pavone con i professori e rinunciavano alla loro personalità e ai loro convincimenti copiandone il modo di fare e di pensare. Durante un internato in geriatria,  osservavo come un infermiera... avrà avuto 60 anni... piccola, un po' gobba, prendeva la mano a un paziente terminale... mentre i miei colleghi affrontavano disquisizioni su cosa lo avrebbe portato a morire sposatndosi dalla conoscenza della persona alla conoscenza della sua malattia.
Fu una folgorazione... non riuscii più a vedermi in quei panni. A studiare, a rispondere alle domande degli esami... tutto mi stonava. Andai a fare tutt'altro... poi mi tornò in mente la collega che con umanità, solo quella, sapeva curare...
Ma non è più questa la nostra missione.
Adesso siamo numeri su una giostra guidata da altri...Ci vogliamo noi stessi allontanare dal letto dei malati. Quindi... ne vale la pena? Inseguire un sogno o doverne essere perseguitati?
Questa, con amarezza, la mia insignificante storia. Ti chiedo scusa dello sfogo
... ma almeno comprenderai meglio il mio modo di vedere la professione e quanto stiamo diventando lontani dal mio sogno. .. Per me demansionante è semplicemente farci allontanare dal paziente stesso... ma sono un folle a pensarla così. Non sappiamo più cosa siamo e non lo vogliamo sapere..."

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