Questo sito web utilizza i cookie, anche di terze parti, per migliorare la navigazione. Utilizzando il sito si intende accettata la Cookie Policy.

Definire quanti infermieri siamo, come siamo collocati e quanti ne servono è impresa complicata. Complicata perchè bisognerebbe capire intanto i servizi che si vogliono dare alla popolazione e il giusto skill mix con le altre professioni. Per fare un esempio concreto e banalizzante e il più scevro possibile da valutazioni professionali di sorta che potrebbero sembrare autoreferenziali, quanti infermieri servono al pronto soccorso? Vogliamo garantire il See and Treat? Allora servono gli infermieri in numero adeguato per mantenere il servizio del See and Treat. Non interessa alla ASL il See and Treat? Allora ne servono meno. E così per moltissime linee di processo e modelli, dai picc team, ai bed manager, al chronic care model, ai settori della formazione e del rischio clinico e chi più ne ha più ne metta.

I modelli organizzativi e professionali su cui investire devono definire il numero di infermieri e non il contrario secondo un approccio banale ma virtuoso sul mondo socio sanitario che ha bisogno di ridefinire se stesso.

Partire dalla rilevazione dei bisogni di salute della popolazione,  quindi, per implementare i giusti percorsi ed i giusti servizi, nonché le giuste professionalità, ed infine declinare il giusto numero di professionisti.Può sembrare una logica fin troppo puerile, ma spesso la logica semplice genera ragionamenti esatti.

A complicare enormemente la situazione vi è poi il settore delle esternalizzazioni.Se da una parte si può definire quale livello prestazionale delegare a terzi (e quindi quanti infermieri è possibile reclutare internamente sui servizi demandati), è comunque bene che il sistema sanitario vigili in egual modo non solo sui livelli strutturali e tecnologici ma anche e soprattutto sulle risorse umane, in termine di competenze e di rispetto del mandato professionale.I casi delle RSA convenzionate degenerate in luoghi di soprusi ne è un triste ed attuale esempio. Se la salute è in mano al pubblico lo deve essere sempre attraverso la gestione ed il controllo attento dei privati economici o sociali convenzionati. Troppo spesso si decide di investire ad isorisorse in nuovi percorsi ed offerte diagnostiche terapeutiche assistenziali senza un ragionamento più articolato alla base. Gli esempi sono innumerevoli in ambito infermieristico. Per approfondire la questione vi rimandiamo a questo articolo  del Collegio ancora valido che analizza la questione più nel dettaglio, e che non ripetiamo per intero qui, dove si evidenzia anche i rischi legati ad un minor numero di infermieri:

http://www.ipasvigrosseto.it/index.php/news/267-la-complessita-assistenziale-e-il-fabbisogno-infermieristico

Vi è poi il problema delle attività improprie.Non solo nelle attività assistenziali che possono essere attribuite agli OSS, ma anche nelle attività amministrative. Chiedere agli infermieri di farsi carico delle problematiche amministrative correlate al pagamento del ticket (per fare un esempio concreto) non è solo improprio ma porta via tempo lavoro prezioso che potrebbe essere reimpiegato più proficuamente. Per questo un infermiere che non si focalizza sul proprio mandato professionale è semplicemente un infermiere in meno nel computo quantitativo.

Bisognerebbe mappare inoltre gli infermieri con limitazioni, che sono sempre di più e sempre più saranno. La ricerca Cergas Bocconi del 2015 individua un 15% di infermieri con limitazioni lavorative, un numero enorme destinato ad aumentare vertiginosamente.

Ecco perché dire “quanti infermieri servono” non risolve la questione se prima non si ragiona sui modelli e sui mandati.Uno degli standard di riferimento che abbiamo è il rapporto infermieri/cittadini a livello Europeo. Ebbene in Europa il rapporto è di 9/1000 (dati OCSE del 2015) per quanto riguarda il comparto pubblico; In Toscana questo valore si assesta su 5,7.

E a Grosseto? Ecco un altra difficoltà. I soli dati che abbiamo in nostro possesso sono gli iscritti al Collegio. Ovvero 1672. Ma gli iscritti non sono tutti dipendenti pubblici, così come non è detto che tutti i dipendenti pubblici siano iscritti al Collegio di Grosseto perchè, magari, hanno residenza da altra parte. Quello che abbiamo fatto per capire meglio è stato estrapolare il numero di dipendenti dal sito della Regione Toscana che su disposizione del Decreto GR 1896 del 2015 ha pubblicato i nominativi dei dipendenti del comparto al 31 dicembre 2014 suddivisi per ASL. I dati indicano 1178 infermieri tra categoria D e DS. C'è poi un infermiere pediatrico, 239 OSS, 36 OTA, 27 Infermieri Generici.

La popolazione della Provincia di Grosseto al 31 Dicembre 2014 era, da fonti ISTAT, di 224.481 residenti.Su questi valori Grosseto ha 5,25 infermieri per 1000 abitanti, al di sotto della media regionale. Cosa bisogna inoltre considerare al riguardo? L'età media del personale intanto. Possiamo dire che nell'albo di Grosseto la situazione prevalente è la fascia 46-50 con gli ultra 55enni che superano la fascia 36-40 (circa il doppio...300 a 150)

E la situazione demografica del Collegio è sicuramente migliore di quella della ASL visto che include i giovani iscritti che non sono inseriti da anni nel pubblico. Bisogna poi considerare la previsione dei pensionamenti che è stimabile a livello regionale in 521 unità per quest’anno a salire progressivamente fino a 610 unità nel 2020 secondo l'IRPET.

A questo aggiungiamo il profilo epidemiologico della popolazione che ha sempre più bisogno di risposte di natura assistenziale. Negli ultimi 20 anni, si è assistito ad un progressivo incremento della quota di anziani ultra65enni che nella nostra area vasta passano dal 22% al 25% della popolazione residente, che sale al 26% negli ambiti provinciali di Grosseto. L’aumento della popolazione anziana nei prossimi anni sarà ancora  più accentuato  dal progressivo aumentare della speranza di vita alla nascita. Per capire meglio la portata di questo fenomeno ogni 100 adulti in area vasta, 40 sono ultra sessantacinquenni (è il famoso indice di dipendenza anziani).

Ecco perchè dire che gli infermieri mancano è vero. Ma è importante non limitarsi a dire che mancano ma dire quali servizi mette in ginocchio questa mancanza. facendo l'esempio del territorio, infatti, si può parlare di impego infermieristico con due approcci. Un approccio prestazionale in cui si va a dare un computo scarno al lavoro infermieristico calcolabile sulle attività (prelievi, medicazioni, cateterismi etc.) o un approccio manageriale clinico ben più proattivo e rispondente ai bisogni della popolazione.

Un approccio che vede l'infermiere come riferimento di una comunità, che pianifica l'assistenza valutando nel dettaglio i bisogni e predisponendo gli interventi valutandone poi i risultati, che educa i care giver, che coordina le risorse sociali e sanitarie tra ospedale e territorio e tra i vari attori territoriali, che pratica la sanità di iniziativa. Un infermiere in grado di dirottare i bisogni rilevati di salute sul territorio verso un servizio domestico alberghiero, o un servizio di badanti che magari, perchè no, andrà a reclutare ed educare direttamente secondo percorsi condivisi. Un infermiere ovvero in grado di dare risposte non al motivo della chiamata (spesso generico o troppo mirato: “mio padre è stato dimesso dopo un intervento chirurgico”), ma capace di analizzare i bisogni in una logica più ampia e trasversale. Il secondo approccio ha bisogni di più infermieri del primo. Oggi la popolazione non ha bisogno di una prestazione, ma di professionisti che rispondo ad una esigenza complessa ed articolata. E complesse ed articolate devono essere le risposte e quindi le attività dei professionisti che devono diventare manager dei percorsi assistenziali e clinici e non semplici tecnici di una erogazione singola, per quanto complicata. Questo discorso è molto calzante sul territorio ma di fatto è applicabile in tutti i servizi di medio bassa intensità. Sull’alta intensità e complessità di cura la questione è da sempre più semplice per ovvie ragioni: i bisogni sono facilmente identificabili e chiaramente inquadrabili in risposte clinico assistenziali standardizzabili.

I giovani non hanno il solo scopo di sostituire i pensionati. Assumere nel mondo sanitario non ha solo questa valenza dal sapore "industriale tayloristico". È far evolvere una professione, che ha un proprio ambito scientifico culturale che la caraterizza, e con essa intervenire sulla salute della popolazione, anche grazie alle menti dei giovani neolaureati capaci di dare linfa alla rivoluzione paradigmatica dell'assistenza. Questo è il problema principale a nostro avviso. Alzare l’asticella delle richieste portando quesiti di valore alla professione in termini di percorsi e modelli innovativi che possano rispondere ai bisogni della popolazione favorendo tra le altre cose anche la ricerca infermieristica. Bisogni che hanno necessità di essere mappati e valutati con perizia, e spesso intercettati perché sommersi (ed qui vi rientra l’ampia azione dell’educazione alla salute e della sanità di iniziativa). Ecco perchè non mancano solo infermieri. Mancano infermieri che siano messi in grado di garantire la disciplina scientifica infermieristica. 

Nicola Draoli

Servizi On Line

banner amministrazione trasparente

banner amministrazione trasparente

PAGAMENTO QUOTA

banner amministrazione trasparente

Comitato Asilo Nido Aziendale

PEC

 

Cerca nel Sito

Iscrizione Newsletter

banner responsabilita sanitaria v2

Accesso portale

paroladiinfermieresigla

Questione inf.ca in Toscana

Toscana

Tesi di Laurea

tesi

whisteblowing

Uni Logo

badante

Cerco Offro Lavoro

castorina home

Uni Logo

grosseto si vaccina perché

PAsocial

 PosizionamentiInterventi Progetti OPI GR

infermieri informa OPI

Campagne Mediatiche

hoscelto2024 1