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soldiRenzi  scongiura l'ipotesi di minore risorse per la sanità varando una legge di bilancio che assegna due miliardi in più inizialmente non previsti arrivando così a 113 miliardi complessivi e si ricorda  che esistono anche gli infermieri. Risorse secondo il Premier che vanno a farmaci oncologici, vaccini, cura dell'epatite C e alla stabilizzazione di medici e appunto infermieri (rispettivamente circa 3000  4000). Il respiro in effetti c'è anche perchè il finanziamento pubblico per il 2016 è sceso in 32 mesi dai € 117,6 miliardi previsti dal DEF 2013  ai € 110,2 della Legge di Stabilità 2015. Barbara Mangiacavalli, Presidente della Federazione Nazionale IPASVI, riconosce questo importante segnale  ma puntualizza "Certo, le risorse a disposizione per i contratti non consentiranno per ora il recupero di un vuoto di sette anni né quello pieno del costo della vita che per gli infermieri raggiunge cifre ormai nell’ordine del 25% circa, ma rappresenta un primo tratto positivo per ridisegnare un sistema che davvero guardi e premi il merito e che possa aprire le porte a una reale crescita professionale". La questione organici invece rimane comunque preoccupante. Infatti, prosegue Mangiacavalli, “La carenza di nuovi infermieri è di almeno 17-18mila unità per poter coprire le regole su turni di lavoro e riposi dettate dalla Ue e che l’Italia ha recepito. Poi ce ne vorrebbero almeno altri 30mila per rendere efficiente un’assistenza territoriale dove finora c’è davvero poco. E anche per avvicinare di più l’Italia ai valori Ocse: la media dei Paesi è attualmente di 9,1 infermieri per mille abitanti, contro i 6 dell’Italia. E i 30mila infermieri servono ad aggiungere solo uno 0,3 per mille in più”.

Insomma con i numeri siamo ancora lontani. “La sfida della sanità toscana è assumere nuovi professionisti. Alla sanità pubblica servono più professionisti, giovani, capaci e ben formati, per innalzare ancora i livelli di eccellenza. Bene quanto anticipato da Matteo Renzi sulla legge di bilancio per il 2017 che prevede  nuove assunzioni”. Così Stefano Scaramelli, presidente Commissione sanità in Consiglio regionale Toscana. Intanto il concorso ESTAR in svolgimento servirà a garantire l'assunzione di circa 500 infermieri/anno. Ma di precari infermieri in Italia ce ne sono circa 16/18.000 (tra tempi determinati e agenzie interinali) a fronte dei 4000 citati dal Governo.

A meno che, e questo è un altro importante capitolo, non si spostino tali gap numerici andando ad investire in appalti e servizi esterni con troppa leggerezza, sparecelizzando e indebolendo la presa in carico globale della persona da parte del servizio sanitario. Una deriva preoccupante è infatti quella di appaltare prestazioni  infermieristiche soprattutto nel contesto domiciliare. Intendiamoci, una buona integrazione, magari con i singoli liberi professionisti, potrebbe essere una strada virtuosa a patto però, e questo è il rischio maggiore, che il sistema pubblico non perda la visione globale degli assistiti tramite i suoi professionisti che potrebbero avere sempre più difficoltà a fungere da riferimento unico ed esclusivo di un percorso  come  invece il modello dell'infermiere di famiglia e comunità intende porsi.

Certamente i segnali sono buoni e di questo bisogna  rallegrarsi. Ma la complessità socio sanitaria è talmente importante che non basteranno  solo i numeri a garantire un sistema equo e sostenibile. Il sitema deve trovare nuovi paradigmi, ripartire dai bisogni di salute dei cittadini. Come dichiara Tonino Aceti di cittadinanzattiva "la sostenibilità non è garantire ciò che per gli operatori è ritenuto importante con le risorse a disposizione ma chiedersi cosa davvero serve ai cittadini", uscire da una autoreferenzialità che non giova a nessuno insomma e guardare ai bisogni di cui la popolazione ha bisogno e non i nostri che servono a mantenere status quo identitario e a legittimare la nostra presenza in determinati contesti. Tra gli sprechi si citano sempre appropriatezze tecnologiche e farmacologiche ma l'appropriatezza deve essere anche e soprattutto clinca ed organizzativa. Gimbe ricorda che uno dei sei sprechi è costituito ad esempio dall'eccesso di prestazione. Appropriatezza che nel nostro caso si ottiene valorizzando  il professionista giusto, nel contesto giusto, che eroga la prestazione giusta alla giusta persona risolvendo il giusto bisogno. Per quanto riguarda gli infermiere questo passaggio non è nè scontato nè molto applicato, assistendo ad un eccesso di sotto utilizzo della specifica disciplinare infermieristica che la questione combattuta delle comptenze non aiuta. Competenze  contendibili dove si polemizza per lo più su aspetti molto tecnico prestazionali che non tolgono ne danno nulla ai professionisti , con buona pace di chi pensa il contrario, ma che potrebbero impattare in quella appropritezza clinica ed organizzativa di cui sopra.   Non serve ed è banalizzante dire "quel servizio ha bisogno di tot medici e tot infermieri" se prima non andiamo a capire quale tipo di servizio vogliamo offrire, come vogliamo offrirlo, e quali risultati (anche e soprattuitto a lungo termine) vogliamo generare nella salute. E il calcolo del fabbisogno di personale, sopratutto infermieristico, non può limitarsi ad una sterile conta se poi non si valorizza l'operato professionale. Ne avevamo parlato ad esempio qui: QUANTI SIAMO? SI DICE SEMPRE CHE “MANCANO GLI INFERMIERI” E QUESTO È VERO QUANTO RIDUTTIVO.

Ecco perchè, fatto salvo l'aspetto contrattuale, la questione organico è una partita di difficile interpretazione e non può limitarsi solo al numero. Agli enti ordinistici, oltre alle direzioni professionali aziendali e ai tanti stakeholders istituzionali e non, il compito difficile di contribuire a tali valutazioni. Compito reso meno gravoso con l'aiuto di tutti, invitati a monitorizzare e comunicarci criticità reali o percepite.

Nicola Draoli

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