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intramuscoloI fatti: i farmacisti propongono un emendamento sul ddl concorrenza che prevede la possibilità di effettuare iniezioni intramuscolari, ipodermiche e piccole medicazioni da parte degli stessi farmacisti. L’emendamento è stato ritirato grazie al pronto intervento della nostra Federazione. Premessa importante da scrivere in maiuscolo: OTTIMO. CORRETTO. SACROSANTO. EMENDAMENTO INACCOGLIBILE. Mi piacerebbe fare con voi però alcune riflessioni conscio che potrebbero essere male interpretate ma confortato dalla posizione della nostra Presidente Mangiacavalli.

Sul web in serata di ieri leggo che la notizia è stata riassunta quasi sempre dal concetto “i farmacisti faranno gli infermieri”. La prima perplessità che mi ha generato questa sintesi è che se i farmacisti fanno gli infermieri attraverso le iniezioni intramuscolari allora gli infermieri fanno i farmacisti continuamente ogni qualvolta consigliano o applicano, ad esempio, una pomata per una flebite, posizionano un sacchetto per una stomia scegliendolo sulla base della ferita, decidono il calibro di un catetere vescicale. Ma se i farmacisti hanno provato a fare gli infermieri con un emendamento di certo lo stesso non li avrebbe resi tali. È emblematico che nessuno abbia scritto “i farmacisti saranno infermieri”. Perché un conto è fare ed un conto è essere. Mi chiedo quindi se la connotazione professionale debba necessariamente passare nell’immaginario collettivo attraverso un atto sanitario, tra l’altro contendibile, appannaggio cioè di altre professioni. Una professione forte lo è quando forte è il suo corpus scientifico disciplinare che la caratterizza e non certo per le prestazioni che è chiamata a compiere o, almeno, la complessità delle prestazioni è resa tale non dalla loro esecuzione ma dal processo scientifico che le rende evidenti e governate. In altre parole ancora, non è la prestazione andata a buon fine che rende un professionista competente, ma gli esiti di salute che ci si prefigge di raggiungere con quella prestazione e la capacità di misurarli e certificarli. Pensiamoci. Non è forse questo quello che contendiamo ai nostri amici medici? Perché i medici devono aver paura di un infermiere che inserisce un catetere venoso centrale, sutura una ferita, esegue un ecografia non diagnostica? Abbiamo sempre detto ai medici: non vi toglieremo la diagnosi medica e la prescrizione farmacologica. Eppure questo non è sufficiente a placare un contrasto ormai imbarazzante. Ma se guardo al passato i medici non hanno certo perso la loro specificità professionale perdendo pezzi di prestazione. O meglio lasciando che venissero contesi. Penso ai prelievi venosi, arteriosi, alle intubazioni. Abbiamo fatto nostre queste prestazioni ma cosa abbiamo ottenuto? Al momento il nostro specifico professionale legato alla intellettualità della professione è forse aumentato in virtù di quegli atti? Ma del resto siamo in Italia, uno dei pochi paesi avanzati occidentali che si interroga sulla questione di atto medico quando ovunque l’atto è sanitario e conseguente alla competenza del professionista e non al profilo professionale. E allora quello che ancora una volta ferisce (non noi ma tutto il sistema salute e la sicurezza dei cittadini) non è l’atto che si tenta di contendere ma l’assoluta mancanza di progettualità, la mancanza di un analisi sugli esiti di salute, la mancanza di una verifica dell’appropriatezza clinica ed economica, che sta dietro quell’atto. Lavorare esclusivamente sul mantenimento e sull’espansione delle sole prestazioni non potrà che farci soccombere prima o poi. Tra dieci anni faremo le barricate ad altre professioni come fanno adesso con noi quei medici INSICURI della loro specificità disciplinare e che confondo l’essere medico (non fare il medico) con l’atto. L’atto. Prendiamo un sospirone e ripetiamolo insieme. ATTO. Come può un atto, da solo ed in via esclusiva, connotare una professione se non è inserito in un processo metodologico esclusivo di quella professione? Chi si ricorda l’aneddoto dell’idraulico che chiede 100€ per avvitare un vite e si giustifica dicendo che avvitare una vite costa 1€ e sapere quale vite avvitare 99€? Ecco, avvitare una vite è l’atto contendibile. Sapere quale avvitare, farlo correttamente e verificare che abbia prodotto un risultato è ciò che connota il professionista. Noi bisogna avere il coraggio quindi di ragionare, anche destrutturando tutta la teoria che ci è stata insegnata, su cosa è oggi per noi la nostra specifica disciplinare. Cosa è oggi per noi la nostra area intellettuale. Come si manifesta. Come si dimostra. Quanto è riconosciuta (a noi per primi) e riconoscibile all'esterno. Lavorare su questo significherà un domani non solo acquisire sempre più ampie e importanti competenze (anche prestazionali sì) ma soprattutto non aver paura di perdere quegli atti che non POSSONO rappresentare una professione complessa ed articolata come l’infermieristica.

Nicola Draoli

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