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La Nazione mi ha chiesto un parere sul fabbisogno infermieristico. L'Articolo è scaricabile qui.

Ma l'argomento è talmente complesso che necessita di un approfondimento. Eccolo qui:

La complessità assistenziale e il fabbisogno infermieristico

Premessa

Questo editoriale non ha la pretesa di essere esaustivo né illuminare nessuno sulla via di Damasco. Lo scopo è quello di portare chiarezza e spunti riflessivi sull’argomento al fine di divulgare gli strumenti e la letteratura prodotta in merito e semplificando un po’ la terminologia spesso ostica a molti colleghi.

Un argomento vasto e complesso

La questione del fabbisogno infermieristico costruito sulla base della complessità assistenziale è articolata e dibattuta.

I tentativi di standardizzare un numero adeguato di infermieri (sostanzialmente nelle varie aree ospedaliere di lungo degenza) non trova facili risposte per molteplici motivi. Innanzitutto bisogna tener conto delle logiche organizzative che possono influenzare l’attività quotidiana infermieristica. Facciamo degli esempi concreti: quali tecnologie ha a disposizione l'infermiere che possono facilitare il suo lavoro? Quali ad esempio i supporti informatici che evitano la dispersione dei dati , una difficoltosa consultazione e la ridondanza dell'annotazione? (Riportare la stessa pressione su 3 documenti diversi, scrivere nome e cognome dell'assistito per almeno 20 volte, sfogliare decine e decine di pagine alla ricerca del dato che ci interessa etc etc). La variabile informatizzazione è tra l’altro definita come raccomandazione in una importante consensus conference del 2011 che citerò più avanti. Quale supporto per tutte le incombenze amministrative e burocratiche sia in termini tecnologici che di risorse umane NON infermieristiche al fine di guadagnare spazio per l’assistenza diretta (altra raccomandazione citata nello stesso documento)? Non solo. I professionisti non sono tutti uguali e definire un minutaggio identico per tutti può non essere veritiero. Quali sono le posizioni definite in ogni setting? Quanti specialist ho e come differenzio e valorizzo  il loro apporto alla clinica quotidiana o, in sintesi, chi si occupa di cosa e come se ne occupa? Quanti neo inseriti e neo assunti? Quali livelli di competenza ho nella mia equipe? Ho introdotto da poco un nuovo modello, nuove tecnologie, devo gestire nuovi casi assistenziali che prima non gestivo? Sono tutte domande che impattano ed esulano da una calcolo standard di rapporto infermiere – utente. E ancora:  quali skill mix applicare in funzione delle diverse professionalità? (ovvero la proporzione tra infermieri e figure ausiliare). Ma pensiamo anche alla possibilità di affidare ad altre professionalità non in carico al singolo setting  (un pool di oss intraospedaliero h 24) o di estrazione non sanitaria (un amministrativo dedicato al reparto) e di quanto questi accorgimenti potrebbero impattare positivamente liberando tempo lavoro all’infermiere. La lista delle variabili è lunga: in genere il veloce turnover degli utenti (aumentato decisamente dal modello per intensità di cure) non viene considerato mai fattore di rilevanza in questi calcoli quando invece alcune ricerche osservazionali internazionali (citate nel prossimo paragrafo)  dicono esattamente il contrario. Altra grande questione da tenere in considerazione, e che rappresenta uno degli aspetti più complessi nella gestione delle risorse umane, riguarda il contrasto tra gli input lavorativi di programmazione gestione e controllo che indica l'Azienda e gli obiettivi propri della professione. Se è vero che il professionista risponde al proprio datore di lavoro, è vero anche che  risponde ai principi  del proprio codice deontologico ed al mandato generale riscontrabile nel profilo professionale. Motivo questo di svariate tensioni e motivo per il quale i sistemi sanitari sono di fatto molto difficili da governare.

Un numero adeguato di infermieri: una questione di salute per la collettività prima ancora che una questione autoreferenziale.

Numerosi studi internazionali hanno ormai scientificamente dimostrato che ad una diminuzione della presenza infermieristica corrispondono numerose criticità: aumentato rischio cadute, lesioni da decubito, infezioni correlate all'assistenza, soccorsi mancati fino ad aumento generale della mortalità[1]. Se avete voglia di approfondire (vi si ritrova anche il fattore di rischio turnover di cui parlavo sopra) vi giro un contributo di  Carlo Orlandi (FILE PDF organici degli infermieri e mortalità ospedaliera) . Guarda caso in una recente revisione sistematica della letteratura[2](ripresa anche da Nino Cartabellotta nel suo Blog[3] e già segnalato da questo Collegio) tra le 10 strategie irrinunciabili per la sicurezza del paziente vi si ritrovano moltissime problematiche di pertinenza strettamente  infermieristica, le stesse che verrebbero a mancare con un numero inadeguato di infermieri. :

-          Checklist pre-operatorie e anestesiologiche per prevenire eventi avversi peri-e post-operatori

-          Pacchetti che includono checklist per prevenire le infezioni sistemiche CVC-correlate

-          Interventi per ridurre l’utilizzo del catetere vescicale: reminder, stop orders, protocolli di rimozione a gestione infermieristica

-          Pacchetti per la prevenzione della polmonite da ventilazione meccanica che includono: sollevamento della testata del letto, interruzioni della sedazione, igiene orale con clorexidina, tubi endotracheali per l’aspirazione subglottica

-          Igiene delle mani

-          Predisporre un elenco di abbreviazioni pericolose da non usare

-          Interventi multifattoriali per ridurre le lesioni da decubito

-          Precauzioni barriera per prevenire le infezioni associate all’assistenza

-          Utilizzo dell’ecografia in tempo reale per il posizionamento delle vie centrali

-          Interventi per migliorare la profilassi del tromboembolismo venoso

Quali strumenti utilizzare?

Molti, moltissimi colleghi, hanno detto la loro in proposito tra cui il nostro attuale Dirigente Lorenzo Baragatti nel 2008[4] con tanto di formula nurse patient ratio di cui vi allego l’articolo ripreso da Donato BG Nursind. (FILE PDF Quanti degenti per infermiere).

È del 2011 invece la  consensus conference[5] che vi citavo ad inizio editoriale che si è posta l'obiettivo di fissare alcuni criteri standard di riferimento. Tra i molti passaggi interessanti voglio sottolineare che si intende il concetto di assistenza diretta esclusivamente come espressione di attività al letto del paziente, banalità che sembra però sfuggire continuamente ai più. Il resto non può essere computato come tale e va quindi escluso dal famoso minutaggio che, qualunque esso sia, sarà sempre in difetto del tempo lavoro che gli infermieri impiegano quotidianamente per garantire l'attività globale di reparto. Si fissa un limite di sicurezza di 200 minuti per paziente nelle 24 ore ma, attenzione, escluso processi alberghieri, di supporto e trasporto materiale che si auspica affidati a terzi.  È comunque notevole che altre ricercano stimano che, laddove le cure erogate scendono al di sotto di un rapporto infermiere /pazienti di 1:5-1:6 , ovvero di 288/240 minuti/paziente/die, siano più frequenti gli eventi avversi sugli assistiti[6] . Si raccomanda, come vi dicevo e come questo Collegio professa dal suo insediamento di due anni fa, di passare dal cartaceo all'informatico. Si raccomanda di rivalutare la prassi consolidata di assegnazione di soli due operatori nel turno notturno potenziando la dotazione assistenziale in considerazione della crescente acuità e complessità dei pazienti che richiedono sorveglianza continuativa. Non posso che consigliarvi di leggervi tutto l’articolo nel file PDF integrale (FILE PDF Raccomandazioni dotazione infermieristiche)

È poi di pochi giorni fa il tentativo del Veneto, una delle tre regioni benchmark, di definire standard di minutaggio infermieristici minimi da esportare a livello nazionale. Ad una prima lettura il metodo appare a dire il vero non orientato alle complessità assistenziali poiché prende come gold standard la media del minutaggio delle due aziende venete giudicate migliori (tranne la medicina dove si utilizza la mediana)[7]  E' molto difficile ipotizzare un minutaggio assoluto per quanto sopra descritto, ma esistono moltissimi strumenti, alcuni ampiamente validati, per indagare ogni situazione. Ecco una lista abbastanza esaustiva[8]

indici complessita

Descriverle tutte è ovviamente un lavoro troppo complesso in questa sede. Ho trovato però una veloce overview sui principali strumenti nella relazione di Davide Croce “Complessità assistenziale e intensità di cura” presentata il 15 Novembre 2012 ad un convegno IPASVI Trieste di cui vi allego link (la parte che ci interessa va da pag 52 a 72)http://www.ipasvitrieste.it/data/user/Davide%20Croce.pdf

Buona lettura, buona ricerca, buon pensiero critico. Noi siamo pronti a fare rete con voi e supportarvi/ci sulla base di quello che dice la letteratura scientifica, la sola cosa che può renderci forti ed incisivi. E la letteratura scientifica, anche se non è mai abbastanza,  certo non scarseggi



[1]Aiken LH, Clarke SP, Sloane DM, Sochalski J, Silber JH. Hospital nurse staffing and patient mortality, nurse burnout and job dissatisfaction. JAMA, 2002, 288, (16) 1987-1993.
- Aiken LH, Clarke SP, Cheung RB, Sloane DM, Silber JH. Educational levels of hospital nurses and patient mortality. JAMA, 2003, 290 (12), 1617-1623.
- Cho SH, Hw ang JH, Kim J. Nurse staffing and patient mortality in intensive care units. Nursing Research, 2008, 57, 5, 322–330.
- De Brantes F, Rosenthal MB, Painter M. Building a bridge from fragmentation to accountability – the Prometheus payment model. N Engl J Med, 2009, 361, 1033-1036.
- Diya L, Van den Heede K, Sermeus W, Lesaffe E. The use of ‘lives saved’ measures in nurse staffing and patient safety research, statistical considerations. Nursing Research, 2011, 60, 2, 100-106.
- Donaldson N, Shapiro S. Impact of California mandated acute care hospital nurse staffing ratios, a literature synthesis. Policy, Politics & Nursing Practice, 2010, 11 (3), 184-201.
- Flynn M, McKeow n M. Nurse staffing levels revisited: a consideration of key issues in nurse staffing levels and skill mix research. Journal of Nursing Management, 2009, 17, 759-766.
- Kane RL et al. The association of Registered nurse staffing levels and patient outcomes systematic review and meta-analysis. Medical Care, 2007, 45, 12, 1195-1204.
- Kutney-Lee A, Lake ET, Aiken LH. Development of the Hospital Nurse Surveillance Capacity Profile. Research in Nursing & Health, 2009, 32, 217–228.
- Lake ET, Cheung RB. Are Patient Falls and Pressure Ulcers Sensitive to Nurse Staffing? West J Nurs Res, 2006, 28, 654-677.
-Lankshear AJ, Sheldon TA, Maynard A. Nurse staffing and healthcare outcomes, A systematic review of the international research evidence. Advances in Nursing Science, 2005, 8 (2), 163-174.
- Lang T. et al. Nurse–Patient Ratios, A systematic review on the effects of nurse staffing on patient, nurse employee, and  hospital outcomes. Journal of Nursing Administration, 2004, 34, 7/8, 326-337.
- Mark BA. A longitudinal examination of hospital Registered Nurse staffing and quality of care. Health Services Research, 2004, 39, 279-300.
- Needleman J, Buerhaus P, Mattke S, Stew art M, Zelevinsky K. Nurse-staffing levels and the quality of care in hospitals. N Engl J Med, 2002, 346, 22, 1715-1722.
- Needleman J, Buerhaus P, Shane Pankratz V, Leibson CL, Stevens SR, Harris M. Nurse Staffing and Inpatient Hospital Mortality. N Engl J Med, 2011, 364, 1037-1045.
- Orlandi C,Cos'è e come si può misurare la sorveglianza infermieristica? Alcuni spunti dal dibattito internazionale sull'argomento. L’infermiere, 2011;48:2:e1-e8.
- Sales A et al. The association between nursing factors and patient mortality in the veterans health administration, the view from the nursing unit level. Medical Care, 2008, 46, 9, 938-94
 
[4] Il Sole 24 Ore Sanita' del 26/02/2008 N. 8 26 FEB 3 MAR 2008 p. 29
[5] Luisa Saiani (Univ. degli Studi di Verona), Annamaria Guarnier, Paolo Barelli, Paola Zambiasi (Ser. Inf. Az. Prov. per i Servizi SanitariTrento), Elisabetta Allegrini, Oliva Marognolli (Serv. Prof. San., Az. Osp. Univ. Integrata di Verona), Letizia Bazoli (Serv. Inf. e Tecn. Fond.Poliambulanza Ist. Osp. Brescia), Paola Casson (Serv. per le Prof. San. Az. ULSS n. 9 Treviso), Giorgio Magon (Serv. Ass., Nursing Office I. E.O. Milano), Meri Marin (Serv. Inf. Az. Azienda per i Servizi Sanitari n. 2 "Isontina" Gorizia), Marisa Padovan (Serv. Prof. San. Azienda ULSSn. 6 VicenzaMichele Picogna (Serv. per le Prof. San. Az. per i Servizi Sanitari n.4 “Medio Friuli”), Patrizia Taddia (Serv. Inf. Tec. Riab. Az.Osp.-Univ. S.Orsola - Malpighi Bologna), Daniele Salmaso (Serv. Dir. delle Prof. San. Az. Osp. - Universitaria Udine), Paolo Chiari (Univ. DegliStudi di Bologna), Alvisa Palese (Univ. degli Studi di Udine);Raccomandazioni e standard italiani per dotazioni infermieristiche ospedaliere sicure: esiti di una consensus conferenceIg. Sanità Pubbl. 2011; 67: 777-792
 
[6] Aiken et 2010;Needlman 2011
[8] Tratta dall’intervento del Dr Simone Baratto “Validazione di uno strumento per l’organizzazione dell’assistenza infermieristica” al XVI Congresso Nazionale IPASVI

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